Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – Per sapere – premesso che:

Il tribunale di Roma, sezione lavoro, con più provvedimenti, ha ritenuto illegittimo il licenziamento di 153 dipendenti della sede di Roma di Almaviva Contact spa con mansioni di operatore di call center c.d. “in bound”;

le ordinanze tribunalizie hanno riconosciuto che, in caso di licenziamenti collettivi, non si può addurre, come valida motivazione della scelta dei lavoratori da licenziare, un accordo che contenga criteri contrari a norme o principi costituzionali. Nel caso specifico il licenziamento del 22 dicembre 2016, aveva riguardato arbitrariamente solo i lavoratori della sede romana e non di altre sedi italiane della stessa società;

è emerso che «l’unica cosa che distingueva la sede romana era il costo del lavoro dei dipendenti» perché, a differenza dei lavoratori di Napoli, quelli di Roma non avevano sottoscritto l’accordo in base al quale sarebbe scattata una riduzione della retribuzione;

quindi, si legge nelle ordinanze, «chi non accetta(va) di vedersi abbattere la retribuzione (a parità di orario e di mansioni) e lo stesso Tfr, (veniva) licenziato e chi accetta(va) (veniva) invece salvato. Un messaggio davvero inquietante anche per il futuro»;

i 1063 lavoratori licenziati, furono sostituiti immediatamente dopo con 1068 precari (145 somministrati e 503 cococo a Catania; 157 somministrati e 71 cococo a Rende; 112 somministrati e 50 cococo a Milano);

l’Azienda, in attesa di presentare ricorso, ha comunicato di aver disposto la reintegrazione dei 153 lavoratori, ma sostenendo di non avere più un “sito operativo a Roma”, ha disposto che entro pochi giorni i lavoratori romani prendano servizio nella sede di Catania;

in realtà a Roma l’Azienda dispone ancora almeno di un “sito” nel quale impiega circa 10 dipendenti e 400 lavoratori a progetto;

la scelta del trasferimento a Catania è pertanto ritorsiva e, inoltre, in violazione delle norme sui trasferimenti collettivi, sia in termini di preavviso che di coinvolgimento delle organizzazioni sindacali;

Almaviva è l’operatore che presta i suoi servizi a numerosi soggetti pubblici e il fatto che metta in atto licenziamenti discriminatori e, comunque, in spregio a regole che attuano precisi principi costituzionali, dovrebbe determinane l’esclusione dalle commesse e dai bandi futuri, in attuazione degli articoli 30, comma 3, e 80, comma 1, lettera a) del codice degli appalti;

quali strumenti può attivare per ottenere il blocco del trasferimento dei lavoratori e delle lavoratrici a Catania, vigilando sulla coerente attuazione delle pronunce giudiziarie di reintegro.

FIRME

Fassina, Airaudo, Marcon, Fratoianni, Civati.

 

FONTI

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-11-16/almaviva-bocciata-perche-ha-licenziato-solo-roma-192738.shtml?uuid=AEeAfCDD  ;

Tribunale di Roma, ordinanza 107791/2017 del 16 novembre 2017 (Allegata) ;

DECRETO LEGISLATIVO 18 aprile 2016, n. 50 (Codice appalti):

  • 30, comma 3. Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X.
  • 80, comma 1, lett. a):
  1. Costituisce motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto o concessione, la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, per uno dei seguenti reati:
  2. a) delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, 416-bis del codice penale ovvero delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché’ per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall’articolo 291-quater del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 e dall’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in quanto riconducibili alla partecipazione a un’organizzazione criminale, quale definita all’articolo 2 della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio;

 

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