Chi definisce improvvisate le valutazioni e le proposte di David Sassoli e Enrico Letta sul Mes sanitario e sul debito pubblico è pienamente consapevole delle prospettive economiche e di finanza pubblica dell’Eurozona e dell’Italia a ‘politiche invariate’? Ha dato uno sguardo al dibattito europeo? Ha notizia, da ultimo, del paper pubblicato dall’Istituto Delors di Berlino?
Il debito pubblico della gran parte degli Stati euro, a causa del collasso in media di 10 punti percentuali dell’economia, è balzato largamente sopra il 100% del Pil, in uno di scenario a inflazione zero e crescita modesta, oltre l’atteso rimbalzo superate le chiusure imposte dal Covid, data la fine della rotta mercantilista alimentata per un quarto di secolo dagli Stati Uniti.
In tale quadro, per ridurre la zavorra dei debiti pubblici, l’unica alternativa alla proposta di Sassoli di sterilizzare, non cancellare, i Titoli di Stato acquistati dalle Banche Centrali nazionali nell’ambito dell’Asset Purchase Program e del Pandemic Emergency Purchase Program attuati dalla Bce, è la ristrutturazione formale con le inevitabili, pesantissime conseguenze sul sistema bancario e l’economia reale. Tertium non datur.
Misurata la montagna di debito da scalare, puntare a un saldo primario sopra al 4% per un lunghissimo periodo sarebbe, oltre che totalmente inefficace sul versante debito pubblico, devastante per l’economia e la tenuta sociale. Renderebbe ridicole e irritanti le promesse di rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale e la scuola pubblica, riscoperte come decisive “grazie” alla pandemia.
Il fallimento dell’operazione Monti, tentata in un contesto di gran lunga migliore dell’attuale, dovrebbe insegnare qualcosa. È necessario consolidare l’intervento della Bce.
La Bce, senza modifiche statutarie, senza passaggi nel Consiglio europeo, nel Parlamento di Strasburgo o nei Parlamenti nazionali, semplicemente in ragione del suo mandato di garante della sopravvivenza dell’euro e dell’inflation target, può farlo.
L’obiettivo non è la cancellazione dei Titoli acquistati dalle Banche Centrali nazionali, ma il loro roll over perpetuo, ossia il perpetuo riacquisto alla scadenza, quindi senza conseguenze sul bilancio delle stesse Banche Centrali e della casa madre di Francoforte. La modestissima spesa per interessi che i bilanci nazionali continuerebbero a pagare verrebbe, in larghissima misura, restituita al Tesoro di ciascuno Stato come utile della rispettiva Banca Centrale. Una soluzione di buon senso: l’ha spiegata bene su La Repubblica un economista mainstream, pienamente accreditato presso il nostro establishment, come Carlo Cottarelli, dopo che centinaia di economisti di primo piano accademico, ma meno mainstream e meno coccolati dai media, l’invocano da mesi, oltre a pochi parlamentari scomunicati come populisti, sovranisti e anti-europeisti (il sottoscritto insiste a proporla dal 6 marzo scorso).
La trasformazione dei Titoli di stato in perpetuity sarebbe una soluzione win-win, senza perdite per nessuno e senza insostenibili costi politici per le varie “nazioni frugali”.
Sarebbe una responsabilità storica ingiustificabile se, per inconsapevolezza, per europeismo subalterno a difesa degli interessi più forti, per ossequio alla propria identità di custodi insuperabili del più stupido ‘vincolo esterno’ o per tatticismi congiunturali, il Pd colpisse in modo irreversibile l’interesse dell’Italia e, in primis, dei lavoratori e delle sue fasce sociali più in difficoltà.
In qualunque nazione del mondo, le indicazioni del presidente del parlamento europeo e del presidente dell’Istituto Delors sarebbero state raccolte e supportate da tutta la classe dirigente in quanto decisive per salvaguardare il futuro della nostra Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
In Italia, no. Miopia, corporativismo ottuso e una lettura rassegnata della vicenda storico-politica nazionale prevalgono. Noi ringraziamo Sassoli e Letta per il coraggio della verità.
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