L’obiettivo della piena occupazione deve coniugarsi con quello della dignità e dei diritti del lavoro. Da troppi anni il ricatto della precarietà ha eroso la civiltà del lavoro e la qualità della vita dei singoli cittadini portando i salari a livelli tanto bassi da essere nocivi per la stessa crescita dell’economia.

È quindi necessario intervenire con decisione, superando il Jobs Act e tutte le forme contrattuali che alimentano il peggiore sfruttamento.

La nostra proposta è tornare a considerare il contratto a tempo indeterminato a piene tutele, con il ripristino dell’art.18 (che oggi continua a valere solo per gli assunti prima del Jobs Act e per i dipendenti pubblici), come la forma prevalente di assunzione. Ad esso possono affiancarsi il contratto a tempo determinato e il lavoro in somministrazione, esclusivamente con il ripristino della causale, che giustifichi la necessità di un’assunzione a scadenza.

Va superata, di conseguenza, la giungla di forme contrattuali precarie introdotte nell’ultimo ventennio, che decreto Poletti e Jobs acthanno contribuito a rafforzare.

Occorre invece disciplinare, nell’ottica di tutela del lavoratore, le nuove forme di lavoro, come quelle con le piattaforme, per le quali manca un inquadramento giuridico certo, perché stanno potenzialmente a cavallo fra il lavoro subordinato e quello autonomo; riformare la normativa sull’assegnazione degli appalti; rafforzare l’ispettorato del lavoro per contrastare l’uso illecito di manodopera, la diffusione di finti contratti part-time.

Va comunque affermato il principio per cui nessuna forma di prestazione può essere svolta in modo gratuito o sottopagata rispetto a quanto previsto dai contratti nazionali..

Puntiamo ad annullare il divario salariale tra uomini e donne, ad introdurre misure strutturali di sostegno alla genitorialità.

Pensiamo sia giusto ridiscutere quegli accordi internazionali che antepongono la finalità del libero scambio alla tutela dei consumatori e dei diritti dei lavoratori e affrontare il tema della rivoluzione 4.0, che comporterà una riduzione dell’occupazione e un mutamento dei settori produttivi del secondario e del terziario, che va governato considerando in primo luogo il tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.

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